Portovenere (SP) – Le Terrazze: sanatoria rigettata, per ora e parzialmente. Parte I
Ci sono importanti novità in relazione alla vicenda abusi in area demaniale marittima, presso lo stabilimento e struttura ricettiva Le Terrazze a Portovenere. Ma, è sempre bene valutare con attenzione e analizzare in profondità i fatti.
Gli ultimi atti, al momento, sono stati pubblicati all’albo pretorio comunale con data 09.04.2020. Si tratta della determina n.196, del verbale della seconda conferenza dei servizi deliberante, datata 23.03.2020 e dei pareri della Regione Liguria e del Comune di Portovenere, rispettivamente dell’11.03 e dell’08.04 del 2020.
Vi dico subito che, in occasione di tale riunione, si è stabilito di concludere negativamente la conferenza dei servizi, respingendo la richiesta di sanatoria per:
Ma, in realtà, vi è un parziale rigetto, tra l’altro non ancora definitivo. La società titolare della struttura balneare potrà presentare osservazioni corredate da documenti entro il 25 maggio p.v. (data la sospensione dei termini amministrativi a causa dell’epidemia di Covid-19), al fine di contestare tale decisione.
Inoltre, come vedremo più avanti, al momento si respinge la sanatoria per quanto concerne gli abusi in area demaniale marittima, ma si esplicita chiaramente che una sanatoria potrà essere intrapresa per quanto attiene gli abusi eseguiti in area privata, benché nella fascia di rispetto dei 30 metri dalla dividente demaniale (sottoposta alla previsione dell’art. 55 del Codice della Navigazione) e oltre. Comunque in zona sottoposta ad una serie di vincoli normativi paesaggistici e ambientali e l’appartenenza alla lista dei beni ambientali tutelati dall’UNESCO. Quest’ultimo, aspetto non citato nei documenti prima elencati.
Fra parentesi, ma nemmeno tanto, il sito ministeriale MIBACT riporta erroneamente l’estensione dell’area UNESCO, denominata “Portovenere, Cinque Terre, and the Islands (Palmaria, Tino, Tinetto)“. Come, del resto, era stato fatto notare al Comune, tramite interrogazione della minoranza, per una mappa in bozza, adottata in occasione della previsione dell’aggiornamento del P.U.C. nel 2018. In tale occasione il Comune rispose con delibera di Consiglio Comunale n.7 del 13.02.19 e verbale di seduta, con le quali si attestava il riconoscimento dell’errore. In sostanza, era stata esclusa dalla mappa dell’area UNESCO, Punta Castagna e la zona che include anche la struttura ricettiva “Le Terrazze”. Ma l’errore continua, ad oggi, a permanere sul sito del MIBACT. Nell’interrogazione e sul sito ufficiale UNESCO si trova la mappa autentica.
Tornando al tema abusi, è essenziale ricordare che tali violazioni consistono in un interramento di un’area di mare per circa 200 mq. con una superficie edificata, in parte a massicciata/scogliera e, in parte, adibita a stabilimento balneare con gradoni in pietra. Oltre a muri perimetrali e altro. Punto nodale, è il fatto che vi sia stata una condanna penale, tramite decreto del G.I.P. del Tribunale di La Spezia del gennaio 2019. La condanna è passata in giudicato, ovvero definitiva e verte nella violazione dell’art. 54 del Codice della Navigazione che non lascia alternative e prevede la rimozione dei manufatti abusivi. Ma di questo non troverete nulla nei documenti citati e pubblicati da cui trae argomenti questo articolo. Attenzione perché questo potrebbe, ripeto potrebbe, essere un modo per lentamente eludere, nel corso del tempo, quanto la legge prevede e quanto il giudice ha stabilito, ora in via definitiva.
Se non si cita l’art.54 del C.N., alla base della condanna penale e della stessa istanza di sanatoria, si può, in un certo senso, far credere che le amministrazioni coinvolte (soprattutto Comune e Regione Liguria), possano discrezionalmente decidere di sanare, senza porre in pristino il tratto di quella costa martoriata. Come per legge e giurisprudenza, già citata, non è. Capite bene che questo è un aspetto assolutamente dirimente ed ineludibile, eppure dalla determina e dai verbali citati tutto ciò non traspare, anzi, sembra quasi che le responsabilità siano state, di fatto, tutte scaricate sulle spalle della dott.ssa Corinna Artom della Regione Liguria, dirigente del settore Tutela del paesaggio, demanio marittimo ed attività estrattive.
Mi soffermo su una parte dei passaggi del verbale della Conferenza dei Servizi del 23 marzo scorso, che mi hanno particolarmente colpito e seguono il parere negativo della Regione Liguria (ovvero dell’architetto Artom), con il quale si è ritenuto di imporre la rimozione degli interventi eseguiti in abuso in area demaniale marittima:
(…) Prende la parola il Sig. Ricciotti [n.d.r.: amministratore delegato della società proprietaria dello stabilimento] il quale fa presente che la demolizione della terrazza a mare determinerebbe un notevole dislivello tra la proprietà demaniale e la terrazza retrostante con conseguenti problematiche statico-strutturali, un rilevante impatto da un punto di vista paesaggistico-ambientale e sull’ambiente marino.
Suggerisce pertanto di evitare la demolizione, ma di realizzare una struttura naturale con massi di adeguate dimensioni sopra la massicciata in c.a.
Chiede pertanto di contattare la dott.ssa Artom della Regione Liguria, al fine di proporre tale soluzione in luogo del mero ripristino dell’area e di verificarne la fattibilità.
Alle ore 12.04 circa la Conferenza viene sospesa al fine di contattare telefonicamente la dott.ssa Artom.
Alle ore 12.20 circa la conferenza viene ripresa e l’Arch. Cananzi comunica ai partecipanti che la dott.ssa Artom ha espresso parere negativo circa la soluzione alternativa proposta dalla proprietà, ribadendo la necessità del ripristino dello stato dei luoghi su area demaniale sia per quanto riguarda il fronte mare che per quanto riguarda la parte ortogonale alla battigia. La stessa si è comunque dichiarata disponibile a futuro approfondimento della miglior soluzione progettuale relativa al ripristino dei luoghi della fascia fronte mare e alla realizzazione di una percorrenza pubblica interessante anche la zona posta a ponente ortogonale alla battigia.
L’Arch. Cananzi fa presente che alla luce dei pareri espressi da Regione Liguria e dal Comune di Porto Venere, la richiesta di sanatoria così come presentata non risulta ammissibile. (…)
Data l’esposizione nel verbale, tutto appare pendere dalle labbra della dirigente regionale, la quale, in effetti, non ha alcun spazio discrezionale previsto dalla legge. Poliziotto cattivo e gli altri, invece, poliziotti buoni. Per la giurisprudenza, inoltre, è il Comune che dovrebbe esporsi in prima battuta e la Regione in seconda, se il primo non dovesse ordinare la messa in pristino (v. Consiglio di Stato Sez. VI del 09.03.2016 n. 944 e Corte di Cassazione Sezioni Unite Penali del 19.11.2002 n. 17178).
Però, voglio tornare alla determina n.196 del 9 aprile, nel punto in cui rileva che l’unico parere favorevole sarebbe arrivato in data 14.01.2020 da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città Metropolitana di Genova e le Provincie di Imperia, La Spezia e Savona. Fatto che ritengo oltremodo increscioso, dati i chiari vincoli paesaggistici della zona, come chiaramente elencati nel verbale della Regione: vincoli specifici (DD.MM. del 1956, 1959 e integrazione del 1985), vincolo generico relativo alla fascia dei 300 metri dalla battigia e regime di “MANTENIMENTO” come stabilito dal Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, approvato con D.C.R. n.6/1990. Parere della Soprintendenza genovese (purtroppo per ora solo in stralcio nei documenti pubblicati), il quale mi lascia basito (ma anche no), più che altro deluso, perché speravo che il cambio del Soprintendente potesse dare luogo ad un cambiamento in meglio. Ciò in quanto memore dei numerosi miei esposti (su questa vicenda e non solo), caduti nel vuoto o riscontrati impropriamente all’epoca della direzione del dott. Tiné. Un bruttissimo segnale, a mio avviso, anche per quanto ci aspetta in merito ai piani sull’isola Palmaria. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano il Segretariato Regionale del MIBACT e lo stesso Ministero.
Poi noto che, oltre alla Regione, il Comune e l’Agenzia del Demanio sarebbero stati autori di pareri negativi. Quest’ultima direttamente in sede di conferenza. Il Comune avrebbe formulato il proprio parere in data 20.03.2020, esprimendolo in sede di conferenza il 23.03.2020. Su questo noto, però, che tale parere allegato non riporta in intestazione (o a latere) un numero di protocollo e data. Solo a fine testo vi è una dichiarazione di conformità, però datata 08.04.2020. Non per fare il diffidente, ma questo trovo. Leggendo il verbale della seduta, si elencano anche il parere della Capitaneria di Porto, citato in stralcio e definito come allegato B (però non reperito tra gli allegati) e lo stesso parere comunale del 20.03.20, definito allegato D. Noto che il parere comunale sarebbe stato espresso 3 giorni prima della seduta. Per essere chiaro, mi pare che, a parte lo scandaloso parere favorevole della Soprintendenza e quello sfavorevole per la sola area in demanio di competenza regionale (oltre a quello di non competenza urbanistico-edilizia della Capitaneria di Porto), espressi preventivamente alla seduta del 23 marzo, gli altri siano arrivati a strascico.
Oltre a questo volevo notare che si, la Capitaneria di Porto non ha competenze urbanistico-edilizie per quanto attiene il demanio marittimo sulla parte relativa al citato art.54 del Codice della Navigazione ma, invece, ne ha diretti ed esclusivi per quanto attiene gli abusi nella fascia dei 30 metri verso terra dalla dividente demaniale (che non è la battigia, come vedo spesso segnare sulle mappe da alcuni architetti), ovvero ai sensi dell’art. 55 del C.N.. E su questo si può riprendere in mano la giurisprudenza già citata. In quanto, il Comune e la Regione (in seconda battuta) hanno l’obbligo (obbligo) di ordinare la messa in pristino su violazione dell’art.54 del C.N. (in area demaniale), e la Capitaneria ha il dovere di far rispettare l’art.55 del C.N., quando gli abusi si trovino nella fascia dei 30 metri dalla dividente demaniale (in area privata o meno). Dividente per come riportata dalle mappe catastali o dal Sistema Informativo del Demanio Marittimo, non dalla battigia a prescindere. Anche edificare in abuso in questa fascia è reato ma, a differenza del reato in area demaniale permanente in senso assoluto, si prescrive per quanto attiene i soli profili penali (e non amministrativi). In ogni caso, anche nella fascia ai sensi dell’art. 55 C.N., sanare non si può, se prima non si è accertato e perseguito amministrativamente l’abuso definito in base a questo articolo. Nello specifico, l’art. 55 C.N. dispone che la realizzazione di nuove opere entro 30 metri dal demanio marittimo (o dal ciglio dei terreni elevati sul mare) è sottoposta all’autorizzazione dell’Autorità Marittima. Se le nuove opere si eseguono prima del nulla osta, non è che possono essere autorizzate sull’unghia, senza colpo ferire. Ovviamente lo dice sempre la legge e la giurisprudenza, non io. Non so se mi sono spiegato. Per essere ancora più chiaro, l’ultimo comma dell’art.55 C.N. stabilisce che:
Quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata dai primi due comma del presente articolo, l’autorità marittima provvede ai sensi dell’articolo precedente.
Che è il n.54. Ergo, ai sensi dell’art.54, si ordina obbligatoriamente la messa in pristino PRIMA di concedere una autorizzazione ex post agli abusi. Soltanto che, in questo caso, l’ordine di messa in pristino viene emesso (obbligatoriamente) dalla Capitaneria di Porto e non dal Comune (o Regione, su inerzia della prima). Vedasi, sempre, la giurisprudenza già citata.
Mi auguro che, anche questi aspetti, diciamo secondari, ma non troppo, vengano seguiti con la dovuta attenzione. In altri casi temo siano sfuggiti.
Per ora, concludo qui una prima parte dell’analisi dei documenti (parziali) in questione. Ma invito a riprendere, per chi volesse approfondire il tema, gli articoli che riporto di seguito, cronologicamente a ritroso.