Palmaria (SP). Grondacci smonta il percorso partecipato. Il sindaco ricorre al TAR per acquisire due immobili e accelera sul trasferimento delle caprette.
Nell’ambito delle cessioni del federalismo demaniale, pur di ottenere due piccoli immobili della Palmaria, il sindaco ricorre al TAR. Critiche tecniche del giurista ambientale Marco Grondacci smontano il percorso “partecipato” per la valorizzazione dell’isola. Ma nel frattempo si pensa a far sloggiare in fretta le caprette.
Forse tutti i nodi stanno già venendo al pettine, perlomeno i primi. Le questioni che si incrociano paiono diverse ma, in effetti, il denominatore comune è la Palmaria, o comunque, in senso più ampio, gli immobili in vendita (svendita) nell’ambito del Comune di Portovenere. Parto dall’ultima questione di cui sono venuto a conoscenza.
Ex polveriera e T.A.R.
Il sindaco ricorre al T.A.R. perché il Segretariato Regionale della Liguria ha confermato il vincolo di interesse culturale per l’immobile denominato “fabbricati ex polveriera della batteria Cala Fornace” sull’isola Palmaria. Per tale motivo, l’Agenzia del Demanio deve rigettare la richiesta di acquisizione a titolo non oneroso, presentata dal Comune il 28.11.13, per due fabbricati che avrebbero potuto, in caso positivo, essere posti in vendita. I due fabbricati non sono nemmeno ampi, uno di 62 mq. e l’altro di 28 mq., parzialmente accessibile. Edifici ad uso militare, che sarebbero stati destinati ad abitazione. Mentre, il terzo fabbricato del complesso e di 228 mq., già rudere, era già indisponibile. Perciò non avrebbe potuto, comunque, essere richiesto.
E qui mi domando. Addirittura ricorrere al T.A.R. per necessità e con urgenza? Ma dove sta questa necessità? Da quando il Comune ha necessità di acquisire due piccoli immobili (nemmeno messi bene) rispetto al complesso delle strutture in gioco alla Palmaria con il progetto di valorizzazione? Gli immobili non si trovano nemmeno in posizione ideale per raggiungere il mare con facilità. Perché tutta questa foga per acquisire questi immobili, spendendo altri soldi della comunità per far decadere un vincolo di interesse culturale? Si sono già fatte variazioni di bilancio per i costi dei procedimenti legali che pesano sul Comune. Questo ricorso appare del tutto inopportuno e ingiustificato.
Qui, poi, bisogna capire che ci troviamo davanti a due percorsi paralleli che stanno procedendo in maniera autonoma: vendite del federalismo demaniale e vendite (da prevedere) dei beni in dismissione della Marina Militare, all’interno del progetto di “riqualificazione” dell’isola.
Mentre questa amministrazione, a pochi mesi dall’insediamento (circa sei), ha prodotto una corposa lista di beni da acquisire in base alla legge sul Federalismo Demaniale (L. n.42/2009), in contemporanea manda avanti il progetto di valorizzazione della Palmaria, che è altra cosa. La legge prodotta dal governo Berlusconi, con Tremonti e Calderoli, tramite la quale si mette sul mercato un patrimonio notevole dello Stato, ovvero di noi tutti, qui sta già producendo frutti (miseri), vendita della ex-casa Carassale e vendita della casa del Capitano sul continente (a breve). In questo caso, vendere vuol dire perdere risorse potenziali per sempre, se non testimonianze storiche.
Ma perché non coordinare il tutto in un progetto unico? Perché questa fretta di vendere e (acquisire), in maniera del tutto svincolata, rispetto ad un’idea complessiva di valorizzazione dell’isola Palmaria? Tutto ciò mi fa pensare che il sindaco non abbia messo in atto un’idea razionale e strutturata di tutela dell’isola, ma stia precipitando, sempre più, sul versante della speculazione per mere esigenze di cassa. Questo vuol dire impoverire la comunità, dato che i soldi, molto più facilmente, potranno perdere valore o essere sperperati per qualcosa di effimero. Chi si avvantaggerà di tutto ciò?
Percorso NON partecipato e V.A.S.
In merito al progetto di valorizzazione della Palmaria, va ripreso ciò che ha esposto Marco Grondacci, durante l’incontro di sabato scorso, assieme ad Alice Salvatore del M5S. L’esperto giurista ambientale Grondacci, che da decenni si occupa di vertenze in Provincia e oltre, ben conosce il senso tecnico dei percorsi partecipati e di ascolto. In merito a ciò ha messo il dito su due questioni fondamentali:
- il percorso “partecipato” attivato dal Comune, in realtà, allo stato attuale, è un percorso di “ascolto”, cosa ben diversa e non è un dettaglio. Non è un dettaglio, infatti, limitarsi ad ascoltare senza essere coinvolti nella stesura del progetto, senza vincoli imposti da regole prefissate. L’amministrazione, in questo caso, può tranquillamente dire: “belle proposte, interessanti, ora lasciateci decidere”. Mentre un percorso realmente partecipato, prevede regole prestabilite, vincolanti e garanti per vigilare su tutto ciò. In questo caso, se c’è, il garante ha come unica funzione la gestione dei contatti fra comunità e decisori. Un mero esercizio comunicativo;
- la valorizzazione di un tale complesso di beni immobili, per forza di legge, obbliga all’attivazione della V.A.S. (valutazione ambientale strategica), con tutto ciò che implica: indagini, valutazioni ambientali, rapporti, monitoraggi e, non in ultimo, informazione e consultazione del pubblico. Tutto ciò all’interno di un quadro previsto per legge che, al momento, non è stato attivato dai gestori e decisori, ovvero Regione, Comune e gli altri enti coinvolti.
Mi permetto di fare una sola aggiunta in merito all’accordo di intesa fra Comune e Marina Militare, alla base delle attività fin qui intraprese. L’accordo è, di fatto, mi si permetta il termine, un “trappolone con convenienze”. Perché obbliga il Comune a fare cassa per riuscire a tenersi poco, vendendo molto. La M.M. pretende una rete idrica alle strutture e, l’entità degli immobili, per poter essere mantenuta, obbliga alla vendita del vendibile. Tutto ciò, fa comodo anche al Comune, per poter giustificare l’esigenza di fare vendite speculative. Questo con il rischio, però, che di denaro ne entri molto meno del previsto e, quindi, di andare in perdita. Esito di tutto ciò, perdita per sempre di valori immobiliari importanti e di risorse potenziali e perenni (ex casa Carassale docet).
Eradicazione urgente delle capre
Innegabile, poi, che l’accelerazione di questi ultimi giorni sul tema capre non venga a caso. Solo un mese per coloro (associazioni o privati) che vorranno preparare un piano di cattura e trasferimento delle capre dall’isola ad altra destinazione. L’amministrazione comunale, ma direi le istituzioni in generale, scaricano la questione sugli altri, quando il tema dovrebbe essere di competenza pubblica. Ora si vuole procedere celermente alla eradicazione delle capre per tutelare l’habitat dell’isola. Credo sia innegabile che diverse specie vegetali rare o uniche, endemismi della nostra zona, se non dell’isola, vadano protette. Ma questo non può trasformarsi in arma di ricatto, anche per non perdere finanziamenti europei: se non le prendete voi si farà una mattanza, come previsto nei piani originari. Penso che, in primis, il Ministero dell’Ambiente abbia il dovere di attivarsi a tutela di capre e cavoli, dove i cavoli sono il cavolo delle rupi (Brassica oleracea ssp. robertiana), ma soprattutto rarità per la Liguria come il cisto rosso (Cistus creticus L.s.l. ex-Cistus incanus), il Ginepro fenicio (Juniperus phoenicea) ed endemismi come il fiordaliso di Porto Venere (Centaurea veneris), che vive solo sulle rupi calcaree del promontorio di Portovenere e sulle isole antistanti, descritte dal SIC IT1345104 Natura 2000.
Detto ciò, mi auguro che si moltiplichino le iniziative di interesse alla tutela dell’isola da parte di associazioni e parti politiche, fino ad oggi scarsamente presenti sulla tematica. Sabato scorso, come ho già scritto, c’è stato un incontro organizzato dal M5S preceduto e seguito da sopralluoghi. Altri ce ne saranno, anche di altri gruppi, come “Il futuro è qui”, per il 3 novembre, alle ore 21, presso la sala della Pubblica Assistenza di Portovenere.